LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE, SE FAI L'IPOTESI GIUSTA"
creata il 9 febbraio 2009 aggiornata il 12 luglio 2009

 

 

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Come nella pagina sul seno ho parlato poco del seno nel senso di mammella, così in questa pagina su Newton parlerò poco di Newton nel senso dell’autore dei Philosophiae naturalis principia mathematica. Ne parlerò, invece, in un modo specioso, per non dire stravagante, che stupirà certamente il mio amico Niccolò Guicciardini, cultore del grande Isacco. Parlerò di Newton come precursore di Darwin - non me ne voglia Niccolò. Il modo scelto non è semplicemente bizzarro. E' un modo per me strumentale, che mi sembra adatto a segnalare alcune possibili e ipotetiche ricadute positive del darwinismo sul freudismo, di cui tuttavia non parlerò qui.

Di quale Darwin, innanzitutto, sto parlando?
Del Darwin che sostiene che “non sopravvive la specie più forte o più intelligente, ma la più reattiva ai cambiamenti”. Ho trovato questa citazione, purtroppo senza citazione della fonte, in una locandina per una celebrazione di Darwin al Museo di Storia Naturale di Milano in occasione dell'anniversario della nascita di Darwin - 12 febbraio 1809. Chi mi aiuta a localizzarla? (So che non proviene dall’Origine delle specie).
Mi colpisce la nozione di “reattività ai cambiamenti”. Come la si può interpretare?

Faccio un giro largo. Sono psicanalista di formazione scientifica e non letterario-filosofica. Ho sviluppato con il tempo una mia estetica in base alla quale giudico le teorie e distinguo le teorie scientifiche da quelle non scientifiche - la famosa linea di demarcazione invano cercata da Popper. Il mio assioma estetico è semplice:

Le teorie scientifiche sono belle, le teorie non scientifiche sono brutte.

Al fondo delle teorie brutte, decisamente prescientifiche, colloco le teorie antropomorfe, tra cui molte teorie psicanalitiche. Indico con il termine antropomorfe le teorie che presuppongono uno o più piccoli uomini ­– gli homunculi – che abitano dentro l’uomo e ne combinano di tutti i colori nella realtà e nella fantasia: guerre, amori, incesti... (Il modo di trattare le fantasie dell'uomo può non essere necessariamente fantastico). La variante più diffusa di antropomorfismo è quella eziologica, che al fondo di ogni evento presuppone una causa efficente e una causa finale, sotto forma di architetto più o meno divino, responsabile di tutto ciò che avviene nel mondo. Queste teorie eziologiche sono esteticamente brutte. Non sono il solo a sostenere che le teorie veramente scientifiche, se sono belle, non sono antropomorfe.

Considero la maggior parte delle teorie freudiane (topiche, metapsicologia delle pulsioni, teoria dei conflitti ecc.) pesantemente antropomorfe e quindi brutte. Sono epistemologicamente brutte perché soffrono di un’intrinseca petizione di principio. Spiegano l’uomo con l’omuncolo al suo interno, come dire che spiegano l’effetto ipnotico del papavero con la virtus dormitiva, come sostenevano gli antichi medici. Nel caso Freud spiega tautologicamente il sesso con la pulsione sessuale. Con questo non rifiuto il freudismo – sia ben chiaro. L’invenzione dell’inconscio come sapere che non si sa di sapere è epocale. Non possiamo più farne a meno per procedere lungo le vie del soggetto cartesiano della scienza. Possiamo però teorizzare l’inconscio in modo meno antropomorfo che con le pulsioni di Freud e quindi esteticamente più soddisfacente. (Io ci provo con la logica intuizionista. Per ulteriori dettagli vai alla pagina "sapere del tempo").

Nel senso appena spiegato, la teoria evoluzionista di Darwin è più bella della metapsicologia di Freud, perché è meno antropomorfa. Tuttavia, anche Darwin indulge a certi antroporfismi, come la discendenza dall'antenato comune, la lotta per l’esistenza e la sopravvivenza del più adatto, parenti dei conflitti intrapsichici freudiani. (Alla fine della fiera antropomorfismo significa sempre bellicismo). Anche in questo caso mi chiedo se sia possibile teorizzare in modo più elegante, cioè più meccanico (anche se non necessariamente deterministico) la teoria dell’evoluzione. Mi chiedo, insomma, se per spiegare l'origine delle specie sia possibile invocare delle simmetrie esplicative, magari a livelli gerarchicamente coordinati, come suggerisce Niles Eldredge, che non si riducano alla solita contrapposizione paranoica tra “buono” e cattivo”, “forte” e “debole”, o qualche altra alternativa binaria. I binarismi stanno al vertice di ogni antropomorfismo, dove fondano il pensiero concettuale, che tuttavia non serve né alla teoria dell'evoluzione biologica né alla teoria dell'inconscio.
Credo che sia possibile uscire dall'antropomorfismo.
Come?
Con l’aiuto di Newton.
?

Devo fare un altro giro, più largo.
Si sa della polemica ideologica tra Newton e Leibniz per il primato dell'invenzione del moderno calcolo infinitesimale. In questa sede non mi interessa riesumare quella polemica, ormai passata in giudicato, ma fissare una differenza tra i due geni. Semplificando al massimo, dico che Newton fu uno spirito concreto, Leibniz astratto. E lo dico senza pregiudicare il valore di entrambi. Newton usava il calcolo per stabilire concreti risultati scientifici, integrando serie infinite o approssimando soluzioni di equazioni attraverso successioni infinite, definite ricorsivamente. Leibniz, invece, si muoveva all'interno di un altro "programma di ricerca". A lui interessava mettere a punto un algoritmo generale, una modalità di scrittura simbolica, che gli consentisse di formalizzare tutti i procedimenti di calcolo con l’infinito sempre più piccolo. La sua notazione del calcolo differenziale, tuttora in uso, rientrava nel progetto di costruire una charateristica universalis che risolvesse ogni problema matematico al solo comando: Calculemus! Con l’implicita supposizione, rivelatasi molto moderna, che calcolare non voleva dire altro che scrivere. (Una supposizione esplicitata nel secolo scorso da Church con il lambda-calcolo). Per i non matematici va detto che la scrittura leibniziana è tutt'ora in uso in tutta la matematica, mentre quella di Newton non esce dal dominio della meccanica razionale.

Sarebbe più facile dimostrare che l'antenato di Darwin fu Leibniz e non Newton. Leibniz sosteneva che natura non facit saltus. Darwin ipotizzava la variazione graduale delle specie a partire da un antenato comune, la cosiddetta ipotesi gradualista. Alla pagina Darwin gradualista, dimostro la fallacia di questa ipotesi, sulla scorta delle argomentazioni di Stephen Jay Gould e Niles Eldredge. Quindi, non mi resta altro che dimostrare, se ci riesco, che l'antenato di Darwin fu Newton.

A tal fine, sfrutto la concretezza di Newton, in particolare il suo metodo di soluzione approssimata delle equazioni. (Ci muoviamo all'interno della componente empirica baconiana della scienza moderna, diversa e complementare rispetto a quella più astratta galileiana). Sapendo calcolare le tangenti a una curva con il  metodo delle flussioni, Newton ideò un algoritmo ricorsivo per risolvere le equazioni, non in modo esatto ma con l'approssimazione voluta. Calcolava in un punto qualsiasi la tangente alla curva, rappresentata dalla funzione che nell’equazione era posta uguale a zero, e assumeva come valore approssimato della soluzione l’intersezione della tangente a tale curva con l’asse delle ascisse (cioè nel luogo dove stanno le soluzioni dell'equazione). La soluzione di prima approssimazione gli serviva per costruire una seconda approssimazione mediante una seconda tangente, una seconda intersezione con l’asse delle ascisse e così via.

Metodo delle tangenti di Newton


La morale di questo metodo è che comunque si scelga il valore iniziale (entro un intervallo ragionevole) la successione dei valori approssimati converge – “evolve” – abbastanza rapidamente, verso la soluzione “vera”, al punto che si può interrompere il procedimento ricorsivo, quando si è ottenuta l’approssimazione voluta.

L'esempio riportato dimostra in modo convincente che il soggetto della scienza sa approssimare, magari a costo di semplificazioni, qui la continuità e la derivabilità delle funzioni, che prescindano dai dettagli secondari dei fenomeni. Tanto va detto per correggere il luogo comune messo in circolazione da Koyré, secondo il quale con la scienza si passerebbe Dal mondo del pressapoco all'universo della precisione. Con la scienza si passa dalla precisione fittizia, data per esempio dalla nomenclatura e dalla genealogia aristotelica, all'approssimazione reale, data dagli algoritmi infiniti, che tende all'esattezza, pur senza raggiungerla.

(Ci sarebbe qui da aprire un ampio discorso sulla semplificazione scientifica, che per lo più è un'astrazione, ma non può essere astratta. La semplificazione scientifica deve essere una "buona" astrazione, cioè deve essere feconda di nuove teorie. Galilei individua la legge della caduta dei gravi, astraendo dagli attriti, e genera la fisica moderna in contrapposizione all'aristotelica. Purtroppo la semplificazione non piaceva a Freud e agli umanisti come lui tuttora dispiace. Astraendo, sembra loro di perdere le ricchezze - per lo più immaginarie - della singolarità o, come lo chiamano loro, del caso clinico. Quegli umanisti non sanno, perché non rientra nelle loro pratiche epistemiche, che astraendo e semplificando si guadagna la struttura, quella cosa che i fenomenologi chiamano invarianza fenomenologica.)

Ma cosa c’entra Darwin con questo discorso dell'astratto e del concreto?
C’entra per via della “reattività al cambiamento”, citata in apertura di pagina. In realtà, la flussione newtoniana la misura. Misura la capacità del sistema biologico di cambiare nel tempo. ("Flussione" è una metafora del fluire del processo nel tempo). Più alta è la flussione, più alta è la velocità di cambiamento, più rapidamente l’algoritmo “evolve” verso la soluzione dell’equazione (o verso uno stato stazionario). In altri termini, un sistema biologico reattivo al cambiamento converge – evolve – verso una soluzione ottimale, uno stato dove si stabilizza, cioè uno stato dove la differenza tra valore previsto e valore reale diventa trascurabile, per non dire nulla. Lì si forma una nuova specie biologica. L’evoluzione delle specie è tutta qui, spiegata senza antropomorfismi e senza metafore antropiche, in modo che definirei "leggero".

Trascurando i dettagli analitici, do un altro modello approssimativo di evoluzione biologica, che non invoca antropomorfismi. Consideriamo una funzione continua di due variabili. Oltre alla continuità supponiamo che la funzione sia derivabile in ogni direzione, cioè sia possibile calcolare la tangente direzionale. Il suo grafico è una superficie ondulata con colli e valli. Lo stato del sistema biologico, definito da due variabili per semplicità, è un punto su tale superficie. Come raggiunge il sistema lo stato ottimale, per esempio un punto di minimo, in una conca? Cominciando a seguire il tragitto di massima pendenza, come potrebbe fare uno sciatore. Dopo un primo passo, ne fa un altro in direzione della massima pendenza nuovamente calcolata nel punto raggiunto e così via finché la massima pendenza si azzera e lì il sistema si ferma. Allora sarà nata una specie stabile, che durerà in quello stato indefinitamente, a meno che non intervengano mutazioni casuali che la spostano dal punto stazionario.
Senza far uso di metafore antropomorfe come lotta per l’esistenza e fertilità differenziale, solo facendo ricorso al calcolo e ai suoi strumenti ­– la continuità e la differenziabilità delle funzioni – abbiamo reso conto dell’evoluzione di un sistema biologico molto semplice (ma il modello si può complicare in estensione con un numero qualunque di variabili). Abbiamo lavorato senza invocare né cause efficienti – il creatore – né un disegno intelligente – la causa finale – né altri antropomorfismi.
Darwin deve ringraziare Newton (e anche un po’ Leibniz, come dicevamo, per via del gradualismo) per averlo rigorizzato … senza saperlo! Newton pone su basi rigorose la teoria dell'evoluzione, addirittura prima che questa venisse formulata da Darwin. Il caso "clinico" (mi viene da dire) dimostra che quando il soggetto entra nel discorso scientifico, accetta di immergersi in un bagno di sapere che lo precede e di cui non sa ancora nulla. Si tratta di un bagno inconscio. Il sapere scientifico procede come il sapere inconscio. Non sai di saperlo, ma procedi come se lo sapessi, dimostrando a posteriori (nachträglich, diceva Freud) che lo sapevi. In un certo senso, Newton costituisce l'inconscio di Darwin. Giustamente Darwin fu sepolto accanto a Newton nell'Abbazia di Westminster.

*

Forse il mio amico Niccolò Guicciardini sta pensando che non è rendere grande onore al sublime Isaac Newton trattarlo come precursore di Darwin. Il mio amico ha ragione. Faccio subito ammenda, aggiungendo una considerazione di merito imperituro.

Newton è considerato il fondatore della meccanica classica, che sarà ulteriormente sviluppata dai grandi "meccanici" a venire: Laplace, Lagrange, Hamilton. Non sono troppo eterodosso se tra i newtoniani annovero anche Einstein. La meccanica newtoniana è rigidamente deterministica, dove il determinismo consiste nell'azione di una causa efficiente - per esempio un corpo in movimento - che produce effetti esattamente determinabili su un altro corpo in movimento, per esempio durante l'urto elastico o anelastico. Quello che, ai fini della costruzione di un discorso scientifico in psicanalisi, mi preme richiamare è che nella sua fisica, pur rigidamente deterministica, Newton fece un ricorso assai parco alla nozione di causa e al principio di ragion sufficiente, forse perché cavallo di battaglia del rivale Leibniz. ("Quello di ragion sufficiente, [è il principio] in virtú del quale consideriamo che nessun fatto può essere vero o esistente e nessuna proposizione vera, senza che vi sia una ragione sufficiente perché sia cosí e non altrimenti, per quanto queste ragioni il piú delle volte non possano esserci conosciute". Leibniz, Monadologia, 32).

Nello Scolio generale del primo libro dei suoi Principi di filosofia naturale (1687) Newton dichiara:

"Ho spiegato fin qui i fenomeni celesti e quelli delle maree per mezzo della forza di gravità, ma non ho cercato la causa della gravità stessa. Essa deve derivare dall'azione di qualche causa che penetra fino al centro del Sole e dei pianeti, senza perdere nulla della sua attività. Non agisce proporzionalmente alla grandezza della superficie - come fanno le cause meccaniche - ma proporzionalmente alla quantità di materia; ed opera in tutte le direzioni, a distanze illimitate, diminuendo in ragione del quadrato delle distanze stesse [...]. Io non sono riuscito ancora a dedurre dai fenomeni il perché delle suddette proprietà della gravitazione e non costruisco ipotesi [hypotheses non fingo]".

(Ma basta aprire il successivo Optiks (1704) per essere sommersi dalle ipotesi. Definire congetturale l'ottica di Newton è un eufemismo. Tuttavia, vai alla lettera a Oldenburg del 1672 per conoscere il pensiero "economico" di Newton sulle ipotesi.)

Come il Galilei dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (vedi Terza Giornata), anche Newton non persegue lo scire per causas, di aristotelica e metafisica memoria. Si accontenta - faccio per dire - dello scire per theoremata. (Per la distinzione tra scire per causas e scire per theoremata rimando al mio commento alla traduzione del Primo Libro della Metafisica di Aristotele). Al primo basta stabilire la legge parabolica del moto dei gravi lungo un piano inclinato, al secondo basta individuare la legge di gravitazione universale e dedurre le leggi di Keplero del moto dei pianeti. Entrambi si astengono dal formulare cause. Sul punto eziologico embrano dire: Ignorabimus. Non sanno tutte le cause di tutto. Lasciano l'onniscienza eziologica al paranoico, che delirando interpreta ogni evento come effetto di un'unica causa efficiente, il persecutore. Fingere ipotesi, in particolare ipotesi eziologiche, è una prassi più vicina al delirio che alla cognizione, ammesso che anche la cognizione - tipicamente la cognizione medica e/o giuridica - non sia paranoica, come a ragion veduta sosteneva Lacan, che di paranoia se ne intendeva. La scienza galileiana e newtoniana, che non è paranoica, non è neppure eziologica.

Quale psicanalista prenderebbe esempio di prudenza gnoseologica da questi grandi innovatori della pratica epistemica come Galilei e Newton?

Commentando, nel suo Ventesimo Seminario, l' ultrafamoso detto di Newton, Hypoteses non fingo, Lacan si lasciò andare a dire:

 "Hypotheses non fingo, croit pouvoir dire Newton, je ne suppose rien. C’est au contraire sur une hypothèse que la fameuse révolution, qui n’est point du tout copernicienne mais newtonienne, a joué – substituant au ça tourne un ça tombe. L’hypothèse newtonienne est d’avoir posé que le ça tourne astral, c’est la même chose que tomber. Mais pour le constater, ce qui permet d’éliminer l’hypothèse, il a bien fallu que d’abord il la fasse, cette hypothèse." (Le Séminaire, Livre XX, Encore (1972), Seuil, Paris 1975, p. 131)

Ma Lacan aveva la coda di paglia e parlava pro domo sua. Aveva una causa da difendere: la causa del significante, che rappresenta il soggetto per un altro significante. Il logocentrismo si nutre di cause e di ragioni sufficienti. La causa lacaniana è il significante come la causa freudiana è la pulsione.

Si può fare a meno di tante e ridondanti cause in psicanalisi? Si può evitare di interpretare sistematicamente gli eventi come effetti di cause che stanno a monte, per esempio il soggetto come effetto del significante?

Forse ci vorrebbe un Newton anche in psicanalisi. O forse più semplicemente basterebbe shiftare il discorso dallo scire paranoicus per causas allo scire per theoremata o, quanto meno, allo scire per conjecturas, là dove non si riesce a dimostrare il teorema. Io credo di aver dato il buon esempio, reinterpretando alcuni teoremi intuizionisti come teoremi della logica dell'inconscio. E' un esercizio che consiglio agli psicanalisti, almeno per abituarsi ad arginare un certo loro furor interpretandi. (Eziologia e interpretazione sono un binomio classico della metafisica aristotelica).

Certo, non fingere ipotesi eziologiche è una condizione necessaria per una sana pratica scientifica, quindi anche per praticare la psicanalisi. Ma non è una condizione sufficiente. Occorre anche disaffezionarsi dall'assoluto. Newton non seppe farlo e nella sua fisica convocò il tempo e lo spazio assoluti, apparentemente per ragioni interne al calcolo scientifico (necessità di ridurre il numero delle forze reali, depurandolo dalle apparenti), in realtà per ragioni religiose. (La debolezza di Newton sarà corretta dalla relatività di Einstein). Ma su questo punto non mi addentro. Finirei per parlare di Newton, ma non potrei farlo meglio di come il mio amico Niccolò ha già fatto in un bel quaderno de "I grandi della scienza", edito da "Le Scienze", anno I, n. 2, aprile 1998, intitolato

Newton, un filosofo della natura e il sistema del mondo.

*

E a proposito di Freud, quale sarebbe stato il Newton di Freud? Dove e quando nacque l'inconscio di Freud? Probabilmente una prefigurazione è in Cartesio ai tempi del cogito (1637 in forma anonima) per via del valore epistemico del non sapere che genera sapere. (Il dubbio cartesiano come precursore dell'inconscio freudiano, chi me lo contesterà?) Qui va ricordato che Freud era fondamentalmente antidarwiniano, per la precisione era lamarckiano, nonostante parlasse di improbabili miti darwiniani dell'orda primitiva. Credeva alla trasmissione "genetica" dei caratteri culturali acquisiti. Era, quindi, praticamente inaccessibile al pensiero meccanicistico di Newton, che in Darwin è ben presente, pur sotto la presentazione antropomorfa della selezione naturale, intesa come causa del cambiamento specifico. Pertanto Freud è più difficile da ripulire dall’antropomorfismo rispetto a Darwin. L'antropomorfismo freudiano è tenacemente abbarbicato all'eziologia delle cause psichiche, intese come spinte pulsionali. (Ne parlerò in una prossima pagina sulla "Fantasia evoluzionista di Freud", ispirata dall'ultimo Stephen Jay Gould). In questo sito, tuttavia, mi sforzo di bonificare il campo freudiano, che è un campo epistemico, estirpandone le erbacce antropomorfe, cominciando da quelle troppo ontologicamente radicate come le cause e i principi primi di marca aristotelica.

*

Newton a Oldenburg sulle ipotesi (1672). "For the best and safest method of philosophizing seems to be, first diligently to investigate the properties of things and establish them by experiments, and then to seek hypotheses to explain them. For hypotheses ought to be fitted merely to explain the properties of things and not attempt to predetermine them except in so far as they can be an aid to experiments. If any one offers conjectures about the truth of things from the mere possibility of hypotheses, I do not see how anything certain can be determined in any science. For it is always possible to contrive hypotheses, one after another, which are found rich in new tribulations. Wherefore I judged that one should abstain from considering hypotheses as from fallacious argument, and that the force of their opposition must be removed, that one may arrive at a maturerer and more general explanation."

Il falsificazionismo era stato già inventato molto prima di Popper, con qualche precisazione in più sulla economia della formulazione delle congetture. Newton fu un grande sperimentatore, oltre che un grande matematico. Insomma, fu un grande fisico. (Torna su)

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