LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO

"TU PUOI SAPERE, SE ASSUMI UN ATTEGGIAMENTO LAICO"

creata il 24 giugno 2011

 

 

Premessa.

Freud ha ridotto il soggetto individuale a Io, con il prolungamento dell’Es, e il soggetto collettivo a Super-Io. Ragionava da ebreo. Ha inventato una pratica originale per il soggetto individuale: la psicanalisi. Per il soggetto collettivo, invece, ha adottato la pratica vigente nelle lobby ebraiche, con i loro rituali di ingresso, di appartenenza e di passaggio. Tipicamente, il rituale di ingresso, la circoncisione, è stato elevato da Freud alla dignità di complesso psichico di castrazione.

La posizione di Freud rende difficile l’impostazione del problema della cosiddetta analisi laica. Se la depositaria della “vera” psicanalisi è la comunità fondata da Freud, questa è automaticamente sacra – giusta la concezione della comunità vigente in ogni religione e in particolare nella religione ebraica, dove Jahvé, il dio degli eserciti, è incarnato da sempre, prima ancora che in Gesù Cristo, nel popolo eletto. Quindi, nel freudismo non esisterebbe psicanalisi laica in linea di principio, in quanto l'unica analisi possibile è quella sacra condotta all'interno della comunità riconosciuta dal padre.
Si uscirebbe dall’impasse, passando a una concezione scientifica della psicanalisi, promossa da collettivi (plurale!) di pensiero democratici e liberali. Ma le attuali resistenze della collettività alla scienza non sono minori delle resistenze che furono dell’individuo Freud a essere spossessato del proprio giocattolo.

Questione

Cos’è la psicanalisi laica?

Risponde Freud in un famoso testo, La questione dell'analisi laica (1926-1927): “una cura d’anime mondana”, cioè una pratica non legata a qualche confessione di fede, a qualche dottrina precostituita, a qualche tecnica consolidata, per esempio di stampo medico.

Conviene oggi, alle soglie della sparizione della psicanalisi, riassorbita com'è dalla psicoterapia, tornare a sfogliare le pagine freudiane. Per reinterrogarle, per riattualizzarle, per rilanciarle, magari per correggerle, senza perdere la vis polemica che le anima.

Die Frage der Laienanalyse è uno scritto "tendenzioso", Tendenzschrift, come lo definisce Freud. E' scritto contro la volontà di ignoranza dei medici, che non vogliono saperne di psicanalisi, tanto meno di acquisirne la formazione. E questa è una verità di fatto che non si discute. Ma die Frage è anche uno scritto che fa appello alla “scienza medica” per giustificare la psicanalisi come cura di una patologia particolare: la nevrosi. Queste due verità sono difformi e contraddittorie. Freud scrive contro i medici, non contro la medicina. Che Freud scriva contro i medici, ci lascia indifferenti. Che non scriva contro la medicina e il suo principio di ragion sufficiente, ci lascia perplessi sulla scientificità della psicanalisi. Alla fine Freud fa un buco nell'acqua, come lui stesso dovette riconoscere. Alla fine ha prevalso la medicina, consegnando la psicanalisi ai medici e agli psicologi sotto forma di psicoterapia. Oggi sarebbe più pertinente riscrivere la Frage freudiana a rovescio: non contro i medici, ma contro la medicina, cominciando a denunciarne lo statuto di pratica assai poco scientifica, puramente empirica, a servizio del potere: una tecnica biopolitica nel senso di Foucault, finalizzata al controllo della vita collettiva.

Nell'attesa di riscrivere (ritradurre, magari) l'Analisi laica ci poniamo due domande:

Vogliamo forse una psicanalisi medica come pratica empirica, esercitata da guaritori (Kurpfuscher) a servizio del potere?

La vittoria della medicina sulla psicanalisi (avevo scritto: la vittoria della psicanalisi sulla medicina!), codificata in Italia dalla legge Ossicini del 1989, che regolamenta la psicoterapia ma non nomina la psicanalisi, neppure come cara estinta, è definitiva?

Risposte

Le risposte a queste domande non possono essere solo teoriche. Devono passare attraverso una pratica, che a sua volta non può essere solo individuale, per esempio attraverso i riti della psicanalisi personale e/o didattica. Occorre inaugurare una pratica collettiva politica della psicanalisi che non sia solo la somma delle pratiche individuali, per esempio come somma di voti in un’elezione. In psicanalisi occorre fare una politica della psicanalisi.

La proposta di rileggere e ritradurre il testo freudiano sulla laicità della psicanalisi prova a lanciare il la di una pratica collettiva della psicanalisi, a cominciare dalla revisione pubblica della traduzione ufficiale di Freud. Non si può, infatti, parlare di psicanalisi laica appoggiandosi a una traduzione che laica non è. La traduzione italiana di Cesare Musatti è infatti confessionale e dottrinaria per almeno due ragioni.

La prima è che, inibendosi al confronto diretto con il testo tedesco di Freud, Musatti si appoggia all'autorità della traduzione inglese di James Strachey. Siamo di fronte ad una traduzione di una traduzione che ci porta, nella migliore delle ipotesi, a due gradi di separazione dalla voce di Freud. Nella peggiore delle ipotesi, ai discostamenti di Strachey dal testo di Freud, si sommano gli errori di Musatti nell'interpretare la versione inglese, Ne risulta una traduzione italiana non più accostabile all'originale. Per quanto riguarda lo stile non si può, invece, non constatare come l'asprezza della prosa freudiana, il suo snodarsi quasi carsico, il suo riflettersi in figure concrete e materiali, diventi nella traduzione ufficiale italiana una prosa piatta, dove l'immagine concreta viene tradotta spesso con il suo correlato astratto.

La seconda ragione che spinge a definire la traduzione di Musatti come confessionale è precisamente la mancanza di imparzialità, la mancanza di terzietà. Musatti accomoda la prosa polemica di Freud, omette alcuni passaggi e arriva a reprimerne, in altri, il carattere eticamente rivoluzionario. Ad esempio, nel passaggio in cui Freud sostiene che di fronte ad una legge ingiusta l'analista debba “trasgredirla coraggiosamente” (herzhaft zu übertreten), Musatti, con una specie di gioco delle tre carte, traduce “non deve tenerne conto”. Dove è finito il coraggio? Intendo il coraggio e la tenuta morale (sittlicher Halt) di chi intraprende l'analisi come libera attività di ricerca personale, non garantita, quindi neppure pilotata, da qualche autorità istituzionale. Di questa eticità l'istituzione psicanalitica ufficiale pare che o non ne voglia proprio sapere o non abbia il coraggio di assumersela. Forse è vero che “il coraggio, uno non se lo può dare” (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. XXV). Ma in ogni caso quel poco che si ha è meglio usarlo.

Diventa quindi chiaro come uno dei compiti di chi ha a cuore la psicanalisi laica sia quello di ridare voce ai testi di Freud con una traduzione che non ne castri il messaggio etico e ne preservi le potenzialità di senso, magari per aprire il testo freudiano a critiche finora inedite e inconsuete per il conformismo di scuola. Una traduzione di questo tipo deve avere, ad esempio, il coraggio di non reprimere il sottile civettare di Freud con la terminologia bellica e anzi farsene carico, rilanciando la riflessione critica sull'ossessivo ricorrere nella metapsicologia freudiana del concetto di “campo militare” e di "meccanismo di difesa" quali metafore guida della dinamica psichica.

La proposta di una nuova traduzione dei testi freudiani è un inizio minimale di rinnovamento dei cliché psicanalitici vigenti nelle accademie psicanalitiche. Altre revisioni potranno seguire.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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