LA PSICANALISI SECONDO
SCIACCHITANO


"TU PUOI SAPERE MECCANICISTICAMENTE
O PER SIMMETRIE"

creata il 24 dicembre 2009 aggiornata il 4 agosto 2011

 

 

Vieni da “Eziologia” o da uno dei tanti punti in cui si parla di meccanicismo contrapponendolo al principio di ragion sufficiente.

Sei in “ Meccanicismo come simmetria”.

"Nel mezzo, vile meccanico; o ch'io t'insegno una volta come si tratta co' gentiluomini." (Alessandro Manzoni, I promessi sposi). La citazione vuole ricordare che sin dai tempi della nascita del soggetto della scienza nel XVII secolo era un insulto dare a qualcuno l'epiteto di "scienziato" o "meccanico". Quando si dice "resistere alla scienza"...

Dato che in questa pagina propongo la concezione di meccanicismo come simmetria, consiglio di rinfrescarsi le idee alle pagine su Felix Klein o sulle simmetrie.

Scopo di questa pagina è distinguere accuratamente tra i due termini:

“determinismo” e “meccanicismo”,

che molti filosofi confondono, magari perché animati dalle buone intenzioni di combattere il positivismo o – come lo si chiama oggi, soprattutto a destra ­– lo scientismo.

Cominciamo, per metterle da parte, da alcune definizioni correnti. In Wikipedia leggo:

“Meccanicismo è un termine filosofico e scientifico usato per indicare una concezione del mondo che evidenzia la natura esclusivamente corporea, e quindi meccanica, di tutti gli enti, unita al loro comportamento motorio esclusivamente di tipo meccanico.”

Il sapere prêt-à-cliquer della rete continua riconoscendo a Cartesio la paternità di ogni meccanicismo. La sua res extensa, distinta dalla spirituale res cogitans, sarebbe caratterizzata da un meccanicismo deterministico assoluto, che riguarda non solo la materia inanimata, ma anche gli animali diversi dall'uomo, visti come pure “macchine.
L’indistinzione tra determinismo e meccanicismo è ribadita dalla famosa citazione dal Saggio sulle probabilità di Laplace del 1814 (ma si dimentica sempre di riferire il luogo preciso della citazione, che consiglio di ricordare per il seguito):

“Dobbiamo dunque considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e come la causa del suo stato futuro. Un’Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movi­menti dei più grandi corpi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.”

Wikipedia poi si immerge incautamente in un’analisi storica, informandoci che “Il nesso con la matematica e il calcolo è ciò che differenzia il meccanicismo moderno da quello antico.” Dimentichiamo i tic del clique e cerchiamo di pensare con la nostra testa. Non è facile, perché siamo assediati dai luoghi comuni.

In un bigino on line trovo:

“Il termine meccanicismo fu adottato nel 17° sec. Per spiegazione meccanicistica s’intende quella che si serve esclusivamente del movimento dei corpi, inteso come movimento spaziale (due elementi fondamentali, la massa/materia e il movimento).”

Un certo Federico G. precisa:

Il meccanicismo è una dottrina filosofica secondo la quale tutti i fenomeni si riducono a movimenti spaziali prodotti da cause necessarie. Nel periodo greco il meccanicismo si presenta sotto la forma dell’atomismo di Democrito”.

Bastano queste banalità per passare l’esame di storia di filosofia? Sarebbe un’offesa per i nostri beneamati accademici, i quali ovviamente non possono controllare tutte le sciocchezze, che si possono pescare nellla rete.

Lascio perdere il “meccanicismo” e passo a “determinismo”.

Il nocciolo che rischia di farci strangolare è ancora in Wikipedia:

“Il determinismo è la dottrina filosofica secondo la quale tutto ciò che esiste o accade (evento), comprese le conoscenze e le azioni umane, è determinato in modo causale da una catena ininterrotta di eventi avvenuti in precedenza. Le principali conseguenze di questa dottrina sono che il libero arbitrio è un'illusione, e che tutto quel che accadrà in futuro è predeterminato dalle condizioni iniziali. Il determinismo è associato alle teorie del materialismo, del meccanicismo e della causalità, sulle quali si appoggia”.

Peccato che la stessa definizione – concatenazione infinita di cause ed effetti ­­– la si trovi riportata anche in scritti, per lo più a difesa del creazionismo, a proposito del meccanicismo.

Va meglio consultando il recente dizionario filosofico della Treccani (2008-2009)? Non molto. Se non è zuppa è pan bagnato. Alla voce “determinismo” leggo:

“Concezione della realtà secondo la quale tutti i fenomeni del mondo sono legati l’un l’altro e si verificano secondo un ordine necessario e invariabile (il che esclude il libero arbitrio)”.

Tuttavia, noi accogliamo e svilupperemo la seguente annotazione:

“Nella tradizione filosofica occidentale, la nozione di determinismo rimanda a quella di causalità. Infatti, il determinismo riguarda il rapporto di causa ed effetto, tra legge naturale universale e singolo fenomeno specifico. Secondo tale rapporto, in natura, data una causa o una legge (sottolineatura nostra), può verificarsi soltanto un certo effetto o un particolare fenomeno e non altro. Non c’è quindi spazio nell’Universo per una variazione spontanea né per il perseguimento di finalità liberamente perseguite”.

La voce “meccanicismo” è nello stesso dizionario sviluppata in negativo, interamente all’interno dello schematismo della teleologia della ragion sufficiente e con una nutrita dose di spirito tautologico (il definiendum è già nel definiens):

“Ogni concezione che consideri l’accadere, sia fisico sia spirituale, come il prodotto di una pura causalità meccanica – il meccanicismo è meccanico, evviva! – e non preordinato a una superiore finalità”.

Allora?

Allora dimentichiamo quel che ci hanno insegnato a scuola e si ripete a pappagallo in rete. Dimentichiamo sia il buon senso sia il senso accademico. Dimentichiamo, soprattutto, le profonde radici aristoteliche che li nutrono entrambi. Non sarà facile, ripeto.

La difficoltà maggiore è concettuale. Il primo nostro compito è distinguere nettamente i due termini, che nelle definizioni filosofiche correnti confusamente (ideologicamente) si rimandano l’un l’altro, quasi fossero sinonimi. A ciò si aggiunga l’inevitabile connotazione negativa associata ai termini di “macchina”, “meccanico”, “meccanicismo”, come se si riferissero a realtà inferiori rispetto a quelle superiori dello spirito e… del ceto sociale.

“Nel mezzo vile meccanico; o ch’io ti insegno una volta come si tratta con i gentiluomini” ­– proclama Lodovico, non ancora Padre Cristoforo, a chi non vuole cedergli il passo, strisciando come lui lungo il muro, quasi fossero “due figure di basso rilievo ambulanti” (A. Manzoni, I promessi sposi, Cap. IV). Questa connotazione negativa è generalmente assente dal termine “determinismo”. Riusciremo a conferirgliela noi, facendone l’espressione portabandiera della più becera antiscientificità? Speriamo.

Partiamo dalla contrapposizione, più volte in questo sito ribadita, tra principio di ragion sufficiente – nome più filosofico per “determinismo” – e meccanicismo.
Il principio di ragion sufficiente presuppone che tutto si spieghi ­– abbia una ragione. Ma il trucco è che di ragioni il principio di ragion sufficiente non ne propone nemmeno una. Sembra che per i filosofi della ragion sufficiente la spiegazione concreta sia disonorevole o sporchi le mani, perché appunto “meccanica” o "roba da scienziati".
Spingo l’analisi un poco più in là in termini leggermente più specializzati. Il principio di ragion sufficiente non si abbassa a offrire “modelli” del fatto, mentre il meccanicismo non teme di abbassarsi. Il principio di ragion sufficiente sogna il passaggio dalle cause seconde alle prime, che spiegano tutto, ma non spiega mai nulla. Il principio di ragion sufficiente specula sterilmente, senza mai esporsi alla controprova sperimentale. Giustifica la propria passività intellettuale affermando di voler rimanere al livello massimo di generalità, per non cadere in qualche precomprensione che altererebbe la comprensione autentica del fatto. Insomma, il massimo determinismo aspira al massimo dell’indeterminismo. La metafisica che sta dietro questo assurdo – si cela spesso un assurdo dietro la metafisica – è il voler andare “verso le cose stesse” senza modificarle con la nostra soggettività. Assurdo, appunto. In realtà, non è assurdo. C’è una convenienza per questa passività e apparente neutralità. È la convenienza del padrone che vede così salvaguardato il proprio discorso dalla minaccia di interpretazioni individuali anomale. (Un discorso da approfondire).
Il meccanicismo, per altro, non si inibisce dall’andare verso le cose stesse, ma, a differenza del determinismo, ci va con un atteggiamento pratico,
addirittura costruttivo. Il meccanicismo costruisce modelli e li confronta con la realtà per metterli alla prova: per corroborarli o confutarli. Chi mi conosce sa dove vado a parare. Vado a parare verso il discorso congetturale. Il meccanicista formula una congettura: se A allora B. La congettura meccanicista più famosa, diventata tanto famosa da diventare non solo il prototipo del meccanicismo moderno ma da incarnarne l’essenza stessa, è la congettura newtoniana. Se la velocità di un corpo accelera, allora vuol dire che agisce una forza. Dal 1687, anno in cui Newton pubblica i Philosophia naturalis principia mathematica, il meccanicismo è questo: l’azione di forze che causano il cambiamento di velocità di un corpo. Ma si tratta solo di un caso di meccancismo: il suo modello più famoso e più… caduco. In ogni caso è scorretto identificare la struttura con uno dei suoi modelli. Inoltre, dopo Einstein si sa che le forze meccaniche sono “apparenti”. Dipendono dal moto relativo dei sistemi di riferimento. La causa che produce come effetto l’accelerazione propriamente non esiste. La stessa materia è un portato della curvatura dello spazio. Curiosamente Einstein riforma radicalmente le nozioni base del determinismo meccanicista di maniera – moto e materia – unificando meccanica ed elettromagnetismo, ma rimarrà determinista dentro, litigando per tutta la vita con Bohr sull’indeterminismo della meccanica quantistica.

La meccanica passa  – dicevo – ma il meccanicismo resta. Effettivamente siamo passati dalla meccanica classica, quella del citato Laplace, alla meccanica quantistica.
Cosa resta invariante nel passaggio da un modello meccanico all’altro?
Resta costante la sua componente ultimamente matematica.

?

Resta la simmetria.

 Di’ la verità! Ti aspettavi che dicessi “legge”?

Sì, lo so, il termine “legge” affascina ancora. È un residuo dell’antico logocentrismo, grazie al quale la "legge" ha usurpato il posto del termine "spiegazione" (Deutung) nel discorso scientifico moderno e tenta ancora oggi – ormai disperatamente – di conservare le posizioni acquisite, magari con l’aiuto improprio del diritto. La scienza sembra autorevole perché possiede leggi necessarie e universali. Il vecchio logocentrismo ci impone di crederlo. Ma la scienza non ha bisogno di leggi universali e necessarie per sostenersi e procedere. Vedi la biologia darwiniana. Non ha leggi universali e necessarie eppure è a tutti gli effetti una scienza rispettabile. Magari la psicanalisi avesse l’onorabilità scientifica della biologia darwiniana! La psicanalisi, invece, scimmiotta le scienze maggiori con l’universalità e la necessità dell’Edipo. Eleva il sintomo particolare di Freud alla dignità di legge universale e necessaria… in mancanza di meglio.
Invece, sulla scorta del programma di Erlangen di Felix Klein, io non parlo di legge, ma parlo di simmetria, che è una nozione molto più debole. Per questa via spero di trovare principi scientifici che regolino i modelli psicanalitici, in particolare le costruzioni in analisi.

Un esempio antico può essere chiarificatore. Gli antichi conoscevano bene il meccanicismo, nonostante le derive oscurantiste del platonismo e dell’aristotelismo. Conoscevano il meccanicismo di Archimede. In cosa consisteva? Lo presento nella formulazione di Ernst Mach, convinto meccanicista. Tutta la statica archimedea, estesa fino a costituire un abbozzo di calcolo integrale, si regge sull’assioma della leva, in formato bilancia: “Una leva [di primo genere] dai bracci uguali è in equilibrio se ai suoi estremi sono posti pesi uguali”.
Vedi la simmetria? Due bracci uguali, rispetto al fulcro. Corrispondono a due pesi uguali che si equilibrano. (Equilibrio è l'effetto, simmetria la causa!).
Forse non vedi che la simmetria archimedea è un principio generalissimo di meccanicismo. Arriva a coinvolgere addirittura l’indeterminismo, superando la nozione intuitiva che intende come "meccanica" l'azione locale di ingranaggi e ruotismi, ognuno dei quali agisce sul vicino con cui interagisce.

?

Lanci una moneta. Non sai se uscirà o testa o croce. Il risultato è indeterminato. È però meccanico? Sì, ma non perché in linea di principio potresti calcolare la traiettoria della moneta, applicando le equazioni alle derivate parziali di Lagrange. La moneta è meccanica per una ragione molto più semplice. Perché il risultato di “testa” ha una probabilità p di realizzarsi, mentre il risultato di “croce” ha una probabilità di (1 – p). I due termini sono simmetrici:

?

Sì, p e (1 – p) sono valori compresi tra 0 e 1, simmetrici rispetto al valore ½, che è il valore di massima incertezza per entrambi e che può essere considerato il fulcro della leva probabilistica.
Certo, se Freud avesse conosciuto questo semplicissimo modello indeterministico di meccanicismo non avrebbe scritto le sciocchezze che ha scritto nell’ultimo capitolo della sua opera più nota, la Psicopatologia delle vita quotidiana, sulla credenza superstiziosa nel caso. Soprattutto non si sarebbe avventurato nella costruzione di una psicopatologia delle pulsioni che è sì deterministica, nel senso che le pulsioni sono delle cause psichiche che determinano gli effetti soggettivi – la soddisfazione sessuale o la pace dei sensi – ma non è assolutamente meccanica, benché invochi equivalenti meccanici fantastici come l’energia libidica. (Se ti interessa approfondire l'argomento vai alla pagina Causa freudiana).

A proposito della metapsicologia freudiana il confronto con la teoria delle probabilità è assolutamente chiarificatore. Sono l'opposto esatto – è il caso di dire "simmetrico" – l'una dell'altra. La metapsicologia freudiana non è meccanicistica, essendo priva di simmetrie, ma è ultradeterministica, riconoscendo una sola causa per tutto l'accadere psichico (nevrotico): il complesso di castrazione o di Edipo. Per contro, la teoria delle probabilità è sì meccanicistica, essendo simmetrica, ma è indeterministica, prevedendo effetti senza causa. La prima è prescientifica, la seconda scientifica. Il sapere prescientifico non ha la nozione di casualità, sommerso com'è dallo strapotere della nozione di causalità. Nel II libro della Fisica Aristotele riduce il "casuale" al "preterintenzionale" (Cfr. L'argomento del "giungere per fortuna all'agorà"). Il Freud della Psicopatologia della vita quotidiana non è da meno, al punto di rischiare di svuotare di contenuto la propria vera (unica?) intuizione scientifica: l'inconscio. A quanto mi risulta, dopo un breve accenno en passant nella Psicopatologia della vita quotidiana (1901, GW, IV, p. 14), la prima volta che Freud comunicò esplicitamente in pubblico la "regola fondamentale della psicanalisi" – alle Einfälle mitzuteilen, "comunicare tutte le idee improvvise" fu nel 1906 davanti a un'assise di giuristi. (Cfr. S. Freud, "Diagnostica del fatto e psicanalisi", in Sigmund Freud Gesammelte Werke, Fischer, Frankfurt a.M 1999, p. 9. In questo stesso testo Freud paragona l'isterico a un malfattore, p. 8). Per l'isomorfismo tra le due pratiche non scientifiche: medicina e diritto, vedi criteri eziologici o... il Malato immaginario di Molière..

Ma sento già l’obiezione.

Se gli togli la nozione di causa, come fa il medico a risalire alle cause del processo morboso ed eventualmente interromperlo? Come fa il giudice a risalire al colpevole ed eventualmente punirlo? Come fa lo storico a risalire alle origini ed eventualmente raccontarle ai posteri?
Innanzitutto, preciso che non voglio togliere la nozione di causa. Voglio solo sostituirla con una più debole. Non voglio impedire la risalita epistemica, anzi voglio promuoverla generalizzandola, una volta disancorata dalla fissità della relazione causa-effetto. In sostanza, voglio disperdere la nozione di causa entro quella di modello. (Una nozione che ai tempi di Husserl e di Lacan il fenomenologo non apprezzava, in quanto il modello rappresenta epistemologicamente la struttura, ma non è ontologicamente la struttura).

Cos'è un modello, allora?

Un modello è un sistema formato da un certo numero – eventualmente infinito – di componenti elementari, tra cui sussistono delle relazioni. Nel caso più semplice le relazioni sono binarie, cioè valgono tra coppie di elementi. Allora il modello è un grafo. Lo si può disegnare con dei punti, che rappresentano le componenti, connessi da frecce, che rappresentano le relazioni tra componenti. Se le relazioni sono a più di due dimensioni, il modello è in generale un multigrafo (non disegnabile). Le relazioni sono un altro nome per simmetrie. Le simmetrie vigenti nel modello descrivono anche le relazioni di influenzamento reciproco – causa-effetto-causa – ma non solo. Il modello realizza la risalita a cui tengono tanto i sostenitori del principio di ragion sufficiente. Solo che non si tratta esclusivamente di una risalita eziologica. Il modello spiega una certa classe di fatti attraverso un insieme di relazioni tra componenti elementari, senza ridurre la spiegazione alla solita sequela post hoc, ergo propter hoc. Insomma, un modello è un costrutto analitico. Lo dico per gli psicanalisti:

UN MODELLO INTERPRETA I FATTI,

introducendo tra di essi delle correlazioni o simmetrie.

Chiaro?

Ma, ribadiscono gli psicanalisti, che sono di comprendonio più duro e resistono più ostinatamente degli altri scienziati alla loro stessa scienza: “Togliendo la causa psichica, come si possono interpretare gli effetti psichici”?
Non è difficile rispondere: estendendo la nozione di modello attraverso

la teoria delle probabilità.

Non è difficile rispondere: estendendo la nozione di modello, per esempio, ai
modelli probabilistici. Si possono costruire degli automi stocastici o indeterministici, dove in presenza di certi ingressi o condizioni al contorno, le transizioni da uno stato all’altro si verificano con certe probabilità prestabilite dal modello, mentre in assenza di quegli ingressi le transizioni di stato avvengono con altre probabilità caratteristiche del modello. I modelli eziologici sono modelli probabilistici "degeneri", dove le probabilità di transizione valgono o 1 o 0: in presenza della causa l'effetto si verifica (probabilità 1); in assenza della causa l'effetto non si verifica (probabilità 0). Ma non c'è alcun motivo teorico per fissarsi ai valori di probabilità estremi. Si possono far giocare valori intermedi e combinarli in vari modi. E' un modo per indebolire il binarismo forte della metafisica del vero e del falso, che porta a una maggiore flessibilià della teoria. Per esempio, si possono costruire automi che apprendono, cioè modificano i valori delle probabilità di transizione tra stati nel corso dell'esperienza.
Gli automi probabilistici generalizzano la nozione di macchina. Sono macchine (grafi) dove le transizioni da uno stato all’altro (i vertici del grafo), in presenza o in assenza di certi ingressi, si verificano con probabilità prestabilite, eventualmente modificabili dalla macchina stessa a partire dalla propria esperienza nel caso di automi bayesiani.

Non solo. Meccanicisticamente parlando, la famosa coazione a ripetere non si giustifica con una forza ad hoc, la pulsione di morte, la causa finale dell'apparato psichico, proposta da Freud nella sua metapsicologia.  La supposta “coazione a ripetere” è il normale funzionamento di un automa finito immerso in ambiente costante. Se gli stimoli in ingresso al modello sono costanti, anche le uscite saranno costanti, cioè si ripeteranno finché il modello o l’automa dispone di sufficiente energia per funzionare.
È una semplificazione – mi rendo ben conto. La propongo come tale proprio per il suo valore di semplificazione. Data la semplificazione meccanicista, molta paccottiglia della metapsicologia freudiana è destinata ad andare in soffitta.

Ma c’è un ma. I presbiteri che gestiscono la dottrina freudiana, imponendo riti di formazione ai giovani allievi psicanalisti, saranno disposti ad accettare la semplificazione scientifica? Non rischiano di rimanere senza lavoro? E i giovani analisti avranno il coraggio di formarsi a una psicanalisi scientifica non garantita da istituzioni dottrinarie?
Ai posteri la non ardua sentenza.

La psicanalisi freudiana non è una scienza ma una dottrina – vado ripetendo in questo sito.
Quale dottrina? Una dottrina magica, che presuppone forze occulte, le pulsioni, su cui agirebbe il mago-psicanalista con le sue formule ritualistiche. La magia è una forma di inganno sociale molto antica. La psicanalisi freudiana è una forma di inganno sociale molto recente. Presuppone l'esistenza della scienza moderna. L'inganno consiste nel proporre un'alternativa prescientifica alla scienza moderna sotto forma di dottrina eziologica.

*

Già che siamo in un sito di psicanalisi è lecito chiedersi:

"Cosa c'entra il meccanicismo con la psicanalisi? Si propone forse una psicanalisi meccanicistica? Non è stata forse la psicanalisi meccanicistica il prodotto deteriore del freudismo, che tutti gli epigoni di Freud si sono indaffarati a superare?"

La mia congettura è che il meccanicismo non deterministico, inteso alla Felix Klein come azione epistemica delle simmetrie, abbia molto a che fare con la psicanalisi.

Innanzitutto, il meccanicismo esorcizza quelle forme di psicanalisi deteriore che indulgono troppo con l'enigmistica, con l'ermeneutica e con il principio di ragion sufficiente.

Sin dalla prima mossa di Freud, che convoca il mito di Edipo, il solutore di enigmi, l'enigmistica inquina la "nuova scienza freudiana". Freud crede e fa credere che la psicanalisi sia la soluzione degli indovinelli della soggettività. Non è così. La psicanalisi non è "soluzione di rompicapo", nel senso dellepistemologia di Kuhn. E' molto di più. Ogni psicanalisi ben condotta è una rivoluzione scientifica nel senso che estrae dall'inconscio paradigmi non ancora pensati.

Inoltre il meccanicismo è una sicura protezione dagli eccessi ermeneutici. L'analista si deve guardare dall'interpretare troppo. L'interpretazione, infatti, si basa su una premessa ostile nei confronti dell'altro. L'interprete dice: "Tu sei ignorante. Adesso ti spiego io cosa significa questo sogno". In altri termini, l'interpretazione "desuppone" il sapere nell'altro e prepara il terreno al transfert negativo (eufemismo per "odio"), simmetricamente alla supposizione di sapere che prepara la strada all'amore. Non parliamo ovviamente delle interpretazioni prêt-à-porter, fatte a forza di complessi di castrazione e di riferimenti archetipici. Quelle è semplicemente meglio dimenticarle.

In psicanalisi, come nelle altre scienze, il meccanicismo serve a costruire modelli. I modelli adatti alla dialettica psicanalitica sono modelli epistemici, che configurano modalità diverse di sapere e di non sapere, di volontà di ignoranza e di volontà di inganno, a sua volta articolata in volontà di auto ed eteroinganno, reciprocamente sostenentesi in equilibri nevrotici, perversi o psicotici. L'equilibrio è l'altro nome di simmetria, simmetria di meccanicismo.

Ma quale giovane analista ha mai sentito parlare di queste eventualità "meccaniche" durante la propria cosiddetta "formazione"?

*

In chiusura un po' di fantastoria, cioè storia congetturale o potenzialmente scientifica.

C'è una ragione ben precisa per cui gli antichi, Archimede a parte, non svilupparono una scienza meccanica, in particolare la scienza del movimento. La ragione fu che la loro geometria era povera di simmetrie. Le uniche simmetrie che abitano nei tredici libri degli elementi di Euclide sono quelle consentite dalle costruzioni con riga e compasso. Il compasso permette solo di bisecare gli angoli o di bisecare le loro bisezioni successive. Il risultato di questa inibizione intellettuale è che con riga e compasso si possono costruire solo quei poligoni regolari il cui polinomio ciclotomico abbia un grado pari a una potenza di due, quindi con numero di lati pari a 3, 5, 17, 257 o loro bisezioni successive, come dimostrò Gauss a 17 anni. Il risultato della restrizione fu la comparsa di (finti) problemi irresolubili, come la trisezione dell'angolo o la duplicazione del cubo. Con conseguenze ridicole. Per esempio, i Greci non potevano costruire l'ennagono. Solo artefatti dell'insipienza, naturalmente, queste forme di impotenza. Infatti, Archimede trisecò l'angolo con una costruzione semplicissima – la neusis – che andava al di là delle limitate possibilità offerte dalla riga e dal compasso.

Intuitivamente parlando, la povertà di simmetrie della geometria classica dava un'immagine statica dello spazio. Ontologici com'erano, i Greci non seppero formulare una teoria completa del movimento. Il loro Achille non raggiunse mai la tartaruga di Zenone, cioè la scienza meccanica, basata sulla nozione di velocità limite o istantanea. Per tale ragione respingevano le curve "meccaniche", generate dal movimento di punti o di segmenti, come la trattrice, la cissoide e la concoide, che già ai loro tempi risolvevano i problemi impossibili. La stessa miseria concettuale impedì loro di superare la ristrettezza del principio di ragion sufficiente, su cui fondavano il loro progetto cognitivo, limitato all'interno all'essere che è e delimitato dall'esterno dal non essere che non è. Stupisce che certe inibizioni e ristrettezze intellettuali nell'accettare il meccanicismo, derivanti dall'acritico assoggettamento al principio del terzo escluso, sopravvivano ancora oggi nel moderno umanesimo.

Che faccia comodo non voler sapere?

Contro la fallacia della scienza determistica

Il mito è un esempio di discorso deterministico e non meccanicistico. Nel mito si determinano effetti a partire da cause magiche, in modo sconosciuto a comuni mortali.
La monetina è un esempio di discorso meccanicistico e non deterministico. Non si sa se uscirà testa o croce, ma si conosce bene la simmetria probabilistica dei due risultati: probabilità(Testa) + probabilità(Croce) = 1. La simmetria delle probabilità intorno al valore ½ fonda il meccanicismo probabilistico: un meccanicismo non deterministico, che resta meccanicismo anche se apparentemente diverso dal meccanicismo della leva di Archimede (leva di primo genere). Il quale – faccio notare – si regge anch’esso su una simmetria: l’eguaglianza dei momenti dei due bracci.

In epoca moderna si preferisce pensare più in termini probabilistici (o meccanicisti) che mitologici (o deterministi). Chi, in nome della fallacia che considera la scienza deterministica, si ostina a pensare in termini mitologici sono gli astrologi e gli psicanalisti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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